IL SALUTO DEL PRESIDENTE DELLA FONDAZIONE AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Signor Presidente, sono onorato e insieme commosso nell’accoglierLa in questa antica magione della Città di Palermo, da decenni riconosciuta dai suoi Cittadini come una autorevole Casa della cultura. Non debbo spiegare a Lei, che di questa Villa, negli anni che hanno preceduto l’assunzione dell’Alto incarico, è stato un frequentatore, cosa essa ha rappresentato e rappresenta per la nostra Città. Mi corre l’obbligo, piuttosto, di darLe conto di questa profonda trasformazione che è qui sotto gli occhi di tutti noi. Fu acquistata dalla Fondazione Banco di Sicilia, con rogito del Notaio Ugo Serio, il 30 dicembre 2005 – fino a quella data fummo graziosamente ospiti del Banco di Sicilia prima e dei suoi succedanei fino a Capitalia dopo – fu acquistata, dicevo, insieme a Palazzo Branciforte, qualche giorno prima che il tutto passasse nella disponibilità di Capitalia Leasing e diventasse, con ogni probabilità, un Resort o una casa d’aste. Affidammo a Gae Aulenti la progettazione e il restauro di Palazzo Branciforte – ridotto ad uno scempio inverosimile – e una volta completata la splendida opera di restauro di quell’edificio, incomparabilmente unico, che oggi campeggia in Via Bara all’Olivella, decidemmo di dare una sistemazione strategica alle nostre eccezionali Collezioni d’arte pittorica, distribuendone carichi e quantità secondo logiche di valorizzazione, che oggi – a lavoro compiuto – sono sotto gli occhi e sotto il giudizio di tutti. Villa Zito non poteva non essere il luogo elettivo per eccellenza per ospitare la ricchissima e unica Collezione pittorica della Fondazione Banco di Sicilia, nel mentre diventata – contestualmente alla visita inaugurale di Palazzo Branciforte del suo predecessore, il Presidente emerito Giorgio Napolitano – Fondazione Sicilia. La Collezione, signor Presidente, si compone delle opere pittoriche che nel decenni sono state nella disponibilità del Banco di Sicilia e poi via via dei suoi succedanei, fino a Unicredit. Sono rientrate tutte, dico tutte le opere d’arte per un totale di 1.601 pezzi, integrate da alcune opere che facevano parte della Collezione della Cassa di Risparmio V.E. per le provincie Siciliane, per “compensare” alcune opere non più rintracciabili nelle sedi bancarie nelle quali avrebbero dovuto essere. Questo inestimabile patrimonio, Signor Presidente, oggi è qui e, nelle forme e nelle modalità che abbiamo visto e che, nel tempo, saranno ulteriormente rese possibili, tornerà ad essere patrimonio morale della nostra Città, a partire da questa prima esposizione, che avremmo potuto anche intitolareIl tesoro ritrovato, perché espone alcune opere finora mai messe in mostra a Palermo. Conclusi i lavori di restauro di Palazzo Branciforte con l’inaugurazione del 2012 (i lavori di restauro di Palazzo Branciforte, molto più estesi e invasivi, furono iniziati nel 2007), mettemmo mano a Villa Zito: siamo nel 2013. Lo stato generale della Villa non era appunto grave come quello di Palazzo Branciforte, ma – come sempre accade – iniziando un’opera di recupero, una ciliegia tira l’altra.  Abbiamo dovuto, con prontezza e responsabilità, decidere la linea da seguire: un semplice riaggiustamento della sede o una ristrutturazione più profonda che restituisse bellezza e funzionalità all’edificio, ma anche che rendesse la struttura più solida e sicura, proiettando la funzione espositiva della Villa in una strategia di servizio alla Città di più lungo periodo? Senza timore abbiamo scelto la seconda via, aiutati dalla disponibilità nel nostro bilancio di un “Fondo per la valorizzazione del patrimonio”, che avevamo impinguato negli anni in cui le disponibilità finanziarie ce lo consentivano. Abbiamo voluto valorizzare financo le vecchie teche utilizzate per l’esposizione dei reperti archeologici, un tempo messi in mostra al primo piano di questo Palazzo e ora esposti a Palazzo Branciforte, cedendole al Museo Alessi di Enna per il tramite dell’Assessorato Regionale ai B.C. Il progetto di recupero edilizio e di restauro è stato firmato e diretto dall’arch. Corrado Anselmi e dall’Ing. Gaspare Francesco Ciaccio, ai quali rivolgo un  sentito ringraziamento per l’impegno e la dedizione messi nell’opera, estendendo, attraverso di loro, il ringraziamento a tutte le Imprese e le maestranze che si sono prodigate in questi due anni per consentirci, signor Presidente, di essere puntualmente oggi qui. Questa sala, la sala multimediale accanto – esperienza unica di vedutismo contemporaneo, opera dell’artista Andrea Aquilanti – le sale espositive distribuite nei tre piani, la modalità e la tecnica espositiva, che coniugano la messa in mostra con il criterio della “conservazione visibile” delle opere più strettamente connesse con quelle esposte, le donazioni, da quella De Maria Bergler, a quella Alesi Cuccio Cartaino, da quella Pippo Rizzo a quella Dixit domino, a quella La Vecchia, rendono l’intera esposizione un gioiello e uninicum da fare invidia alle più importanti Gallerie d’arte moderna italiane e non solo. Vale la pena sottolineare che oltre ai lavori di messa a norma – la Villa non era stata più ”attenzionata” da oltre cinquanta anni – abbiamo dotato la struttura espositiva di tutti gli strumenti per renderla fruibile anche ai diversamente abili. Abbiamo anche realizzato un’aula didattica per permettere di svolgere attività formativa alle scolaresche che ne avessero interesse. Il restauro di Villa Zito e l’ adeguamento agli standard internazionali per la conservazione delle opere d’arte, ha permesso, in sintesi, la creazione di uno spazio espositivo moderno e funzionale. Il nuovo ordinamento delle raccolte, basato sullo studio scientifico, curato da Fernando Mazzocca, si propone di offrire, suddiviso in sedici sezioni, un percorso attraverso le opere più significative della Collezione, in un excursus che va dai primi del Seicento, con i protagonisti della pittura luministica barocca, sino al Vedutismo settecentesco che prelude alle poetiche ottocentesche del realismo naturalistico, per arrivare infine al Novecento e ai nostri giorni. La necessità di creare uno spazio dinamico  e di rendere accessibile il cospicuo patrimonio pittorico della Fondazione ha suggerito la realizzazione, lungo il percorso, divetrine-archiviodove collocare, su diversi livelli,  i dipinti non esposti. L’idea è quella   di consentire, in ciascuna sala, un approfondimento dei temi e degli argomenti trattati con dipinti non inseriti nel percorso, superando il concetto di una netta separazione tra ciò che non è esposto  e ciò che lo è. Le vetrine–deposito mostrano, in relazione con le sezioni museografiche  articolate nelle sale, dipinti che completano la lettura di un autore o di un periodo o ne propongono il confronto con opere di altri artisti. Il deposito diviene così non più magazzino inaccessibile, ma luogo fruibile insieme all’esposizione stessa.   Un’altra caratteristica di questa esposizione è l’attività di restauro, commissionato dalla Fondazione, di molte opere: ne abbiamo restaurato ben 40. Il restauro è un passaggio  fondamentale per il recupero della memoria e per la conservazione del patrimonio artistico, ma anche un interessante momento di studio e di approfondimento, che abbiamo voluto fermare in una pubblicazione, Moderne tecnologie per la conservazione e il restauro della collezione delle opere pittoriche di Villa Zito, rendendola fruibile a tutti, compresa la comunità scientifica.   Il percorso espositivo si apre, al primo piano, con la pittura del Seicento che racchiude importanti testimonianze, tra le quali cito soltanto i dipinti di Mattia Preti, Bernardo Strozzi, Luca Giordano, Salvador Rosa. La pittura di paesaggio del tardo Seicento chiude la sezione dedicata all’arte antica e prelude al vedutismo settecentesco. L’Ottocento, introdotto dalle opere di Zerilli, è rappresentato dai protagonisti della grande pittura di paesaggio in Sicilia, Francesco Lojacono, Antonino Leto e Michele Catti e dal recupero di alcuni interessanti dipinti come “Rovine di Solunto” di Pietro Volpes, presentato all’Esposizione nazionale del 1891 nella sezione “Sicilia monumentale”, “Cucine economiche” di Natale Attanasio e “Idillio” di Vincenzo Caprile. Il passaggio tra Ottocento e Novecento è testimoniato, nelle sale del secondo piano, dal dipinto di  Galileo Chini, dal titolo “Tempio buddista”, esposto per la prima volta alla Biennale di Venezia del 1914,  e dallo straordinario “Armonie vespertine” di Aleardo Terzi, che presenta, in un linguaggio divisionista privo di qualunque allusione naturalistica, il tema della figura femminile, moderno idolo dellaBelle Époque.   Le raccolte del Novecento offrono  la possibilità di addentrarsi nella polifonica situazione culturale dell’epoca, segnata da profonde contraddizioni e forti contrasti. Sono presenti i grandi protagonisti della prima metà del secolo, Mario Sironi, Filippo De Pisis, Ottone Rosai, Carlo Carrà, Arturo Tosi,  Ugo Attardi, rappresentati con opere del secondo dopoguerra, che testimoniano un percorso artistico in via di esaurimento, ma non per questo meno degno di attenzione.   Le inquietudini della cosiddetta Scuola Romana caratterizzano la notevole serie di dipinti di Fausto Pirandello articolate tra il mito “Primordi di Roma”,la veduta, “Tetti di Roma” e la natura morta ,”Menta e limone”.   Una testimonianza a sé è costituita dalla presenza di un’opera di Mario Schifano, esposta al piano terra: protagonista di una nuova generazione di artisti, destinati a mutare radicalmente la concezione dell’arte per affermarne nuovi moduli espressivi, in “Gigli d’acqua”, simbolicamente traduce, con un’appassionata lettura in chiave pop, il popolare ciclo delle “Ninfee” di Monet. Per quanto riguarda l’esperienza in Sicilia la scena del tempo è dominata  dalla presenza di Renato Guttuso  di cui non posso non citare “Eruzione dell’Etna”, realizzata a seguito della terribile eruzione del vulcano del 1983, dove il paesaggio appare come trasfigurato in una sorta di visione infernale. Opera che trova un illustre antecedente nel “Risveglio dell’Etna” dipinto nel ‘34 da Pippo Rizzo ed esposto alla II Quadriennale d’Arte Nazionale dell’anno successivo a Roma. Un diverso registro stilistico è presente in “Natura morta” del 1959,  nell’espressionistico ritratto di Kafka del ’63 e nei “Calciatori” dove l’energia dinamica che permea il dipinto rimanda alle ricerche di Degas o Max Beckmann.   La bellezza, caro Presidente, è la cifra di questa Villa, anzi ciò che della bellezza riesce a permeare la cultura del suo tempo e, attraverso l’incanto della visione rinnovata, il nostro tempo. La citazione latina che campeggia sul frontone dell’ingresso identifica  negliotia, rura et quies (pace, relax, attività agricola, quiete)  le caratteristiche del luogo – la Villa fu costruita nel Settecento, quando qui erano solo “terre rosse”, aperta campagna – quella citazione potremmo oggi sostituirla conarte e cultura: “Restino lontane le liti, gli strepiti, gli affanni: qui diano riposo all’anima l’arte e la cultura”! Un gioiello ulteriore conservato gelosamente in questa Villa, nei suoi sotterranei, infine è l’Archivio Storico del Banco di Sicilia: raccolta unica e incomparabilmente ricca, che racchiude in sé – dalle cinquecentesche Tavole pecuniarie delle Città di Palermo e di Messina fino agli ultimi atti documentali del Banco di Sicilia – la storia economica e sociale di un’Isola, che è stata nei secoli scorsi un punto di forza e di prestigio della vita politica e civile del nostro tempo e, per taluni versi, del nostro mondo occidentale. Con l’aiuto anche economico di Unicredit Group abbiamo fatto alcune opere di consolidamento e di restauro dei locali dell’Archivio, ma abbiamo soprattutto iniziato una valorizzazione scientifica di questo patrimonio, insieme alla Sovrintendenza Archivistica, al CNR, alle Università siciliane e anche ad alcune importanti università europee. Abbiamo anche affidato allaFondazione RES– della quale, voglio, con orgoglio, ricordarlo, siamo Soci Fondatori, insieme a Unicredit – il compito di redigere unaStoria del Banco di Sicilia, scientificamente sostenuta e adeguatamente degna del soggetto di cui si racconta l’impresa. Tanta ricchezza artistica e documentale non poteva restare però semplicemente chiusa nello scrigno della Fondazione Sicilia: la sua valorizzazione era dovuta e necessaria. È qui che si innesta il recupero della prestigiosa Fondazione Lauro Chiazzese, oggiFondazione Lauro Chiazzese per l’arte e la cultura. Le sorti della vita e i destini degli uomini hanno voluto che nella sventurata storia dell’eclissi della Cassa di Risparmio V.E. per le provincie siciliane, la Fondazione Lauro Chiazzese, che fu di quella Banca la storica e autorevole Fondazione culturale – non a caso intitolata ad uno dei più prestigiosi suoi Presidenti, il professor Lauro Chiazzese, Rettore dell’Università di Palermo – finisse con il convergere verso la Fondazione Banco di Sicilia, come un po’ tutto quello che appartenne a quella Cassa confluì nel Banco di Sicilia. La Fondazione Sicilia non ritenne di assorbire al suo interno la Fondazione Chiazzese e, per alcuni anni, la “congelò”, per trasformarla l’anno scorso, nel 2014, in una Fondazione “strumentale” della stessa Fondazione Sicilia e affidarle la tutela e la valorizzazione del suo patrimonio artistico e archivistico situato qui a Villa Zito: è così, che laFondazione Lauro Chiazzese per l’arte e la culturaoggi torna ad essere una punta di diamante della valorizzazione dell’arte e della cultura, come lo fu negli anni della sua vita migliore e più ricca di successi e di storia. Abbiamo voluto anche recuperare l’anima scientifica della vecchia Fondazione Chiazzese e abbiamo infatti già ottenuto per essa il riconoscimento di “Istituto di ricerca” da parte del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Le sorti della vita vogliono che laFondazione Chiazzese, che negli anni passati aveva sede a Palazzo Branciforte, oggi abbia la sua nuova sede qui, a Villa Zito, e che laFondazione Sicilia, che ha avuto la sua sede storica qui a Villa Zito, oggi abbia conservato la sua sede a Palazzo Branciforte, dove l’ha trasferita nel 2012. La Città di Palermo comunque oggi dispone di due gioielli rinnovati e splendidi che possono aiutare i giovani e i meno giovani a recuperare l’orgoglio della loro storia e insieme la fierezza della loro identità: un’ulteriore occasione di crescita culturale per una Città, Palermo, che a giorni (la riunione del Comitato Mondiale dell’UNESCO inizia proprio fra una settimana a Bonn)  avremo l’onore e l’orgoglio di vedere iscritta neiPatrimoni dell’Umanità dell’UNESCO, insieme a Monreale e Cefalù, per il suoitinerario bizantino-arabo-normanno. Con quest’opera, Villa Zito, riconsegnata ai Palermitani, signor Presidente, non solo  va a concludersi il mandato della Consiliatura della Fondazione Sicilia che ho l’onore di presiedere, ma si conclude anche un progetto morale, chiaro e ben delimitato nella sua logica amministrativa e culturale, che ci siamo dati fin dall’insediamento, quello di restituire, restaurati e vitali, due gioielli alla Città di Palermo. Un’impresa del fare, quasi erculea, in una terra in cui – come diceva Giuseppe Tomasi di Lampedusa – il male è fare a prescindere dal far bene o far male! Noi abbiamo detto e “fatto”. E ciò che abbiamo fatto è qui, sotto i Suoi occhi, i nostri occhi, quelli dei nostri concittadini, dei nostri giovani, di tutte le persone oneste e di buona volontà. Se abbiamo fatto bene o male comunque ovviamente non sta a me dirlo. La Fondazione Sicilia è l’erede biologico-giuridica della Fondazione Banco di Sicilia, pur avendone cambiato il nome – e non il logo! –: il valore economico, culturale e, mi sia consentito, morale del vecchio Banco di Sicilia è eccezionale e, ancor oggi, rappresenta un punto di forza della storia economica e bancaria del nostro Paese (proprio per questo ne abbiamo voluto “commissionare” la scrittura di una “storia” tacitianamentesine ira et studio). Le sue vicende – e vicissitudini – lontane e recenti lo hanno “diluito” all’interno di uno dei maggiori gruppi bancari europei, dando alla sua presenza, nella nuova compagine societaria, una dimensione “omeopatica”, la quale se riesce comunque a riaffermare i valori della dignità storica di uno dei principali Istituti bancari italiani, non riesce ad esprimere ilvalore immaterialeche il Banco di Sicilia ha avuto per secoli nella storia, nell’economia e nella coscienza vissuta e diffusa dei siciliani sia nell’Isola, che nel mondo.   La Fondazione Sicilia è rimasta l’ultimo baluardo di questa gloriosa esperienza morale: anzi la sorte e l’intelligenza politica di uomini come Carlo Azeglio Ciampi e Giuliano Amato hanno voluto che la “fortuna” patrimoniale, accumulata dal Banco di Sicilia nei secoli, “gestendo” la ricchezza e la miseria dei siciliani, fosse affidata ad una Fondazione, alla sua eredità morale ed economica, alla sua capacità di “restituire”  al suo territorio, quanto da esso era venuto al Banco dalle tasche dei siciliani nel corso dei secoli.  Valorizzare questo patrimonio oggi vuol dire ricollocarlo nella contemporaneità senza cancellarne la memoria, ma facendolo diventare la nuova casa dei siciliani, aperta a tutti, ma orgogliosa della propria identità siciliana. Palazzo Branciforte e Villa Zito rappresentano in modo emblematico questo passaggio, anche grazie alla funzione, svolta nel tempo più recente, dal Monte dei Pegni di Santa Rosalia, il luogo dove i poveri di Palermo trovavano la possibilità di sopravvivere, consegnando – spesso senza ritorno – la loro speranza prima che i loro beni. È questa in sintesi la missione che la Fondazione Sicilia ha assegnato alla rinataFondazione Lauro Chiazzese per l’arte e la cultura, a partire da questa incantevole sede.   Villa Zito, oggi, come Palazzo Branciforte ieri, con la loro eccezionale imponenza materiale e immateriale, riescono a dare al visitatore un sentimento di leggerezza estetica, nonostante la mole carica di storia e di emozioni. Entrare nel loro perimetro vuol dire entrare in un circuito magico, dove la bellezza e l’arte, l’incanto e il piacere si mescolano in modo quasi dionisiaco. Il ribollire dei sentimenti e delle passioni culturali riesce a trovare serenità – come ho appena detto – solo nell’estatica visione delle Collezioni esposte, prodotti della creatività umana dei demiurghi artistici e dell’intelligenza museale dei conservatori. Palermo, signor Presidente, oggi è un po’ diversa da ieri, è migliore, e, me lo consenta, noi siamo orgogliosi di avervi contribuito. Grazie, caro Presidente, per la sua presenza e per la sua pazienza, grazie, carissimo Sergio, per la tua attenzione antica e amicale di sempre.   Prof. Giovanni Puglisi Palermo, Villa Zito, 20 giugno 2015